Elisabetta Caracciolo: la voce dell’off – road

Elisabetta Caracciolo: la voce dell’off – road

Elisabetta Caracciolo è la giornalista italiana con il maggior numero di presenze alla Dakar, 28, e quindi anche una delle maggiori esperte di questo Rally Raid estremo e famoso in tutto il mondo. Essere accreditati all’evento non è semplice ma Elisabetta è stata disposta a fare diversi sacrifici nel corso degli anni pur di poter partecipare alla corsa.

Tutto inizia nel 1991

La sua prima Dakar risale al 1991, all’epoca lavorava per il Corriere Motori, allegato del Corriere della Sera, e in quelle due settimane di gara si occupò prevalentemente del lavoro dietro alle quinte, dell’ambiente e di altri argomenti minori, ma non per questo meno importanti. Questo infatti viene ricordato dalla reporter come l’anno in cui fece una delle sue prime interviste cosiddette “importanti” a niente di meno che Jacky Ickx, famosa leggenda del motorsport.
Dopo quell’esperienza ovviamente la Caracciolo non poté più resistere al fascino che la manifestazione aveva avuto su di lei e così continuò a cercare ogni possibile via per esserci. Dal 1998 al 2003 accettò di lavorare nelle cucine dell’organizzazione. Volontariamente si faceva assegnare i turni di notte per poter essere la prima a sentire le testimonianze dei piloti che si attardavano nelle varie prove di giornata.


Per due anni invece corse il raid in prima persona come copilota su camion, scrivendo nel frattempo articoli per siti motoristici e dando aggiornamenti costanti su Isoradio per la Rai. Da quando poi l’evento si spostò in Sudamerica, gli organizzatori iniziarono ad allestire dei bus relativamente confortevoli per i giornalisti, che viaggiavano di notte cosicché si potesse dormire fintanto che si giungeva alla partenza della prova successiva.

La Dakar… un’esperienza unica

Racconta Elisabetta: “La Dakar è veramente estrema, senza viverla non si può comprendere appieno. I piloti passano anche dodici ore consecutive in macchina o in moto in condizioni veramente difficili, senza mai scendere. Gli equipaggi ufficiali usano addirittura i cateteri per evitare di fermarsi durante la prova speciale e quando arrivano sono stremati: ma anche per chi segue non è una passeggiata. Alla Dakar si dorme pochissimo, spesso in tenda e sacco a pelo nei bivacchi, altre volte si può riposare solo sui mezzi con cui si viaggia, la sala stampa è un tendone, non sempre ci sono docce o bagni e ci si deve portare appresso i propri bagagli in ogni momento. Ci vuole una buona preparazione e in passato è anche capitato di dover rimpatriare qualche reporter che stentava ad abituarsi ai disagi di queste gare”.
A questo proposito la giornalista ha scritto un libro dal titolo “Tasche piene di sabbia” in cui racconta come sia vivere questa corsa famosissima. Da un paio d’anni è passata a seguire l‘Africa Eco Race, un altro Raid di 15 giorni con arrivo proprio a Dakar, ma se vi state chiedendo come mai abbia deciso di intraprendere questo percorso, eccovi una spiegazione.

Photocredits Elisabetta Caracciolo

Determinazione e passione

Il padre di Elisabetta è un medico e a sua volta avrebbe voluto la stessa carriera per la figlia, ma i motori scorrevano già nelle vene della Caracciolo, che salì in sella alla prima moto quando aveva solo 13 anni. Si è sempre ritrovata circondata da questi affascinanti mezzi a due ruote e crescendo ha sviluppato anche la passione per la scrittura. Già al termine dei suoi studi universitari in lettere moderne aveva come scopo quello di diventare giornalista. Al principio ebbe qualche complicazione, ma presto ci fu la prima collaborazione in tivù con Antenna3, poi il passaggio al Gazzettino, quotidiano di Treviso, dove per la prima volta le offrirono la possibilità di scrivere di sport, e in particolare di motori.
Quando passò al Corriere della Sera, scrivendo di auto, di mercato, di prodotto per l’allegato Motori, Elisabetta era in piena attività come copilota di rally fuoristrada. Non solo partecipava alle corse, ma scriveva anche articoli facendo reportage sulle giornate di gara. Nel ’92 poi passò alla Gazzetta dello Sport, sempre come giornalista freelance, impegno che tuttora mantiene, e presto dovette scegliere se correre o se raccontare il suo sport; così preferì abbandonare il ruolo di copilota per dedicarsi esclusivamente al giornalismo. La Caracciolo afferma: “Io non ho nessun rimpianto. Amo il mio lavoro, sono grata per le occasioni che ho avuto e sono felice per ciò che faccio”. La sua gara preferita è stata la Parigi-Mosca-Pechino del ’92. Viaggiare è la sua vita e sì, alcune volte le capita ancora di sentirsi in soggezione, di fronte a certi grandi campioni quando deve intervistarli.


Ha imparato però a imporsi delle regole, e a imporle al suo mestiere: niente invadenza, niente arroganza, piena focalizzazione sui fatti, sorriso sulle labbra e grande rispetto per piloti e staff.
Raccontare oltre 30 anni di giornalismo in un articolo è impossibile, ma una chiacchierata con Elisabetta basterebbe per capire la sua umiltà, la sua determinazione, il suo talento e soprattutto..la sua passione!

Gaia Saporiti

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